La prima punta – Carolina Morace
Riflessioni sul calcio femminile con Carolina Morace
È un libro ondivago, questo La prima punta, opera prima della più famosa calciatrice azzurra di ogni tempo, Carolina Morace, uscito prima del Mondiale femminile, nel momento in cui il mercato editoriale nostrano, intuendo l’imminente boom del calcio femminile nel nostro paese, stava cercando disperatamente di sfornare qualche prodotto appetibile. La precisazione cronologica è doverosa: il lettore non troverà quindi le gesta in terra francese di Sara Gama e compagne; la fotografia del movimento calcistico femminile nazionale (es. questione del professionismo) sarà quella pre-Mondiale.
La natura ondivaga del volumetto – breve, che si fa leggere volentieri, dotato di una bella copertina – è dovuta al fatto che, anche se in apertura pare il classico libro di memorie calcistiche (il racconto del poker segnato dall’autrice contro l’Inghilterra a Wembley nel 1990, il battesimo calcistico nella Venezia degli anni Settanta …), quasi subito Morace fa comprendere al lettore la propria intenzione, ossia partire dalla propria storia personale – come nella migliore tradizione della collana: operazione identica ha condotto Giuseppe Civati con la storia di Liliana Segre, in Il mare nero dell’indifferenza (2019) – per porre delle questioni generali. Perché, ad esempio, giornalisti e tifosi ricordano e celebrano la vittoria dei calciatori azzurri del 1973, quando l’Italia riuscì finalmente ad espugnare Wembley grazie ad un gol di Fabio Capello, e non quella di Morace e compagne di 17 anni dopo? Non sentendo mai parlare di quest’impresa, una bambina «continuerà a pensare che il calcio sia uno sport per bambini e non per bambine, che il calcio femminile sia uno sport minore, qualsiasi cosa voglia dire». Come già sottolineato in Campionesse di Gasparri e Uva (2018), il calcio femminile italiano manca di una narrazione, di una mitografia capaci di scatenare l’immaginario emulativo delle bambine.
Carolina Morace ripercorre i punti più importanti della propria carriera da calciatrice e poi da allenatrice, compresi quelli conosciuti anche dagli appassionati di calcio maschile, come la propria breve avventura sulla panchina della Viterbese di Luciano Gaucci (già che c’è, racconta perché fallì il tentativo di quest’ultimo di far giocare Birgit Prinz con la squadra maschile del Perugia), rivendicando in generale il diritto ad essere considerate per il proprio valore intrinseco (potenti le bordate polemiche tirate contro i suoi successori maschi sulla panchina della Nazionale azzurra).
Senza dubbio le pagine più interessanti sono quelle nelle quali la campionessa azzurra, pur lottando per la parificazione totale fra calcio maschile e calcio femminile, prova a descrivere quali siano le caratteristiche peculiari del secondo, giacché bisogna essere consapevoli che «esistono differenze, anche profonde», come ad esempio il fatto che «tra le bambine si instaurano dinamiche di tipo collaborativo, che portano a rifugiarsi nella forza del collettivo, piuttosto che nella fisicità del singolo». Un libro, quindi, consigliato a chi voglia provare a ragionare criticamente sulla disciplina sportiva cui gli italiani hanno iniziato ad appassionarsi solo nel 2019, ma la quale proviene da una lunga storia, per molti anni carsica e sconosciuta.
Perché leggere La prima punta di Carolina Morace:
per scoprire che il calcio femminile non è fatto solo di belle storie personali, ma di un mondo intero da scoprire
Titolo: La prima punta
Autore: Carolina Morace
Editore: People
Anno: 2019
Pagine: 116