Il comandante Arkan, le curve da stadio e la guerra in Jugoslavia


Il periodo più sanguinoso, efferato e crudele della storia della ex Jugoslavia diventa oggetto di un’indagine sociale, storica e calcistica all’interno del libro di Diego Mariottini. Il protagonista dell’avvincente resoconto storico è l’uomo più discusso della Jugoslavia post Tito: Željko Ražnatovic, noto ai più come comandante Arkan. La narrazione segue due binari: da una parta la vita di Arkan, segnata da violenza, guerra e da un avvicinarsi spedito verso la criminalità barbara e razziale; dall’altra l’evolversi della vicenda sportiva della Jugoslavia, un territorio in grado di sfornare campioni in diverse discipline (pallacanestro su tutti) per nulla uniti dal punto di vista patriottico. Mai come per questo periodo risulta appropriata la filastrocca che descriveva alla perfezione il momento storico slavo: sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito; un coacervo di stati uniti solamente dall’obbligata ed imposta dominazione.

La storia di Arkan si snoda attraverso stragi etniche, che il leader paramilitare compie assieme ai suoi uomini, ed il bisogno quasi morboso di diventare la superstar del crimine mondiale (l’ONU arriverà ad accusarlo di crimini contro l’umanità). Parallelamente alla crescita delinquenziale del sanguinario serbo si sviluppa lo sport balcanico, capace di produrre fuoriclasse del calibro di Savicevic e Petrovic ed in grado di portare la Stella Rossa di Belgrado a vincere nel 1991 a Bari la Coppa dei Campioni (oltre ad ospitare nel 1984 le Olimpiadi Invernali a Sarajevo).

Sullo sfondo di queste vicende incombe la figura di Slobodan Milosevic, il leader nazionalista serbo che predica e mette in pratica la pulizia etnica. Arkan vede nel calcio, e nelle nette rivalità tra le tifoserie calcistiche slave, la possibilità di reclutare le proprie milizie. Così, sugli spalti del Marakanà di Belgrado, nascono le famigerate Tigri di Arkan, note più per la guerriglia paramilitare che per il tifo. Dal campo si passa alle strade e la guerra in ex Jugoslavia prende il sopravvento su tutto, portando l’ONU a decretare l’esclusione della nazionale dagli Europei del 1992 in Svezia. Ironia del destino, proprio la squadra che prese il posto della Jugoslavia, la Danimarca, sarà protagonista di una delle più belle favole calcistiche della storia.

Mariottini racconta la vita di Arkan dai suoi trascorsi nelle carceri di mezza Europa fino alla violenta morte, passando in rassegna episodi sanguinosi legati alla storia del conflitto nei Balcani (su tutti la strage di Srebrenica) ed il loro riflesso nel mondo sportivo (si va dal calcio volante di Boban allo stadio Maksimir, che gli precluse la convocazione ad Italia ’90, fino al legame che il criminale slavo aveva con Sinisa Mihajlovic). Ne viene fuori uno spaccato delle innumerevoli ingerenze che la drammatica situazione politica ed etnica della Jugoslavia aveva nel mondo dello sport locale e che ebbe nel calcio, e nelle curve da stadio, la sua cassa di risonanza più violenta ed evidente.

Perché leggere Dio, calcio e milizia:

perché il dramma del “calcio” di Boban si comprende solo rileggendo la vicenda delle Tigri.



Titolo:
Dio, calcio e milizia
Autore: 
Diego Mariottini
Editore:
Bradipolibri
Anno: 
2015
Pagine: 
184

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