Storia e storie di sport e diritti civili negli USA


La data simbolo nella storia dei neri d’America? Non è il 1 maggio 1955, quando Rosa Parks si rifiutò di cedere il proprio posto sul bus a un bianco. E neppure il 28 agosto 1963, giorno in cui Martin Luther King pronunciò il suo celebre discorso davanti al Lincoln Memorial di Washington. La data simbolo nella storia dei neri d’America è il 15 aprile 1947, quando Jack Roosevelt Robinson detto “Jackie” esordì in MLB, diventando il primo afroamericano a giocare nel massimo campionato di baseball dopo oltre 60 anni. Scendendo in campo coi Dodgers di Brooklyn abbatté la “Baseball color line”, la regola non scritta che escludeva i neri dalla MLB, aprendo la porta agli afroamericani nello sport americano per eccellenza.

Sport e diritti.

L’importanza di quella data e di Jackie Robinson nella storia degli Stati Uniti d’America la spiegano Claudio Pellecchia e Alessandro Cappelli nel loro Stand Up, Speak Out (Kenness, 2020, 205 pp.), libro che si pone un obiettivo esplicitato dal sottotitolo semplice ma al contempo ambizioso: raccontare in 200 pagine le storie di sport e diritti civili negli USA. Da Jesse Owens a Colin Kaepernick, da Jack Johnson a Serena Williams, da Althea Gibson a Muhammad Ali: sono numerosi gli atleti a stelle e strisce che hanno ottenuto successi sportivi nonostante il colore della pelle e che hanno poi cercato di sfruttare questi successi per lottare contro ingiustizie e discriminazioni. E i due autori ne hanno riassunto le esistenze intrecciando percorso sportivo, umano, sociale e culturale, offrendo al lettore una panoramica rapida ma tutto sommato completa che arriva fino ai giorni nostri.

Storie per tutti.

Nell’opera non c’è spazio solo per la lotta contro il razzismo e la segregazione, cominciata cronologicamente parlando – perlomeno nel libro – con Jack Johnson, primo pugile afroamericano laureatosi campione del mondo dei pesi massimi e condannato ingiustamente per motivi razziali. Ci sono pagine dedicate anche alla “battaglia dei sessi”, con la pioniera Billie Jean King che chiedeva parità salariale tra uomini e donne nel tennis degli anni Sessanta e con Megan Rapinoe che avanza le stesse richieste nel calcio dei giorni nostri. Le storie sono raccontate con la giusta dose di dettagli, senza un eccesso che ne minerebbe la scorrevolezza (quella semmai purtroppo disturbata dai numerosi errori di battitura per i quali vanno tirate le orecchie a chi si è occupato del lavoro di editing), il contesto storico è sempre di facile comprensione anche per chi non fosse particolarmente esperto di storia americana, e il tutto è arricchito da alcune interviste a conoscitori della realtà statunitense che forniscono delle chiavi di interpretazione.

Oltre il gioco.

C’è un grande assente tra i protagonisti del libro, ed è la retorica, tendenzialmente relegata in qualche frase o breve paragrafo, laddove ha ragione di esistere. Considerata la relativamente giovane età dei due scrittori è un aspetto da elogiare, così come è apprezzabile che Pellecchia e Cappelli non siano caduti nella trappola dell’anti-trumpismo, in agguato vista la tematica in questione, riuscendo a parlare dell’attuale presidente americano con distacco giornalistico. Appare invece un po’ forzato il paragone continuo con quanto accade in Europa, dove – per motivi soprattutto culturali come viene sottolineato dagli autori stessi – gli sportivi di alto livello a differenza dei loro colleghi americani raramente prendono posizione su questioni politiche. Definire l’atleta europeo «deresponsabilizzato» per il semplice fatto di non esprimere pubblicamente la propria opinione su tematiche d’attualità è eccessivamente severo: forse che anche il silenzio non abbia pari dignità e legittimità? Ma su questo si potrebbe aprire un lungo dibattito. Un altro difetto potrebbe essere trovato nella scrittura, a tratti un po’ acerba, ma sarebbe anomalo il contrario vista l’età degli autori. E facendo nostro quanto scritto a pagina 121, ovvero che «non conta ciò che conquisti per te stesso ma l’impatto che riesci ad avere sugli altri con il tuo esempio», beh, si può affermare che il tentativo degli autori di raccontare eventi e personaggi impegnati e impegnativi è un bell’esempio di come si possa fare della letteratura sportiva anche andando oltre il rettangolo, o il diamante, da gioco.

Perché leggere Stand up, Speak out di Claudio Pellecchia e Alessandro Cappelli:

perché ci sono storie che tutti devono conoscere.



Titolo:
Stand up, speak out. Storia e storie di sport e diritti civili negli USA.
Autore: Claudio Pellecchia e Alessandro Cappelli
Editore: Kenness
Anno: 2020
Pagine: 205

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