A tu per tu con l’autrice di Giovinette

Federica Seneghini ha scritto il libro Giovinette, le calciatrici che sfidarono il Duce, romanzo basato su fatti realmente accaduti ambientato in Italia nel 1933. Il testo contiene anche un saggio dello storico Marco Giani, che ha lavorato assieme all’autrice. Giovinette è uno dei libri di sport più interessanti pubblicati nell’estate 2020 (editore Solferino). Gli autori sono due: la giornalista Federica Seneghini, che lavora per il Corriere della Sera, e lo storico Marco Giani. Si tratta di un romanzo basato su fatti realmente accaduti: le protagoniste sono un gruppo di ragazze milanesi che, nel 1933, diedero vita alla prima squadra di calcio femminile in Italia, il Gruppo Femminile Calcistico. L’opera è interessante sotto molti punti di vista e si compone di due parti: la storia delle Giovinette, e a seguire un saggio, a cura di Marco Giani, intitolato Storia di un pregiudizio, e di una lotta. Abbiamo incontrato l’autrice del romanzo, Federica Seneghini, per parlare un po’ del suo lavoro.

Hai scritto un libro sul calcio femminile: seguivi già lo sport?
«Non scrivo di sport, né sono una grande esperta di sport. Però l’anno scorso (2019, ndr) c’erano i Mondiali femminili, e mi interessava capire qualcosa in più sul calcio femminile in Italia. Con Marco (Giani, ndr) siamo andati a trovare la signora Grazia Barcellona, nipote di una delle Giovinette: incontrandola mi sono resa conto che questa è una storia di sport ma anche di passioni, di amicizia. Ed è anche un pezzo di storia del nostro Paese. L’idea di scrivere un romanzo è nata lì, perché un articolo non sarebbe stato sufficiente per descrivere tutto quello che c’è dietro questa vicenda. Non è soltanto calcio: c’è la storia di una famiglia e di una resistenza tutta Milanese negli anni più terribili della storia del nostro Paese».

È il tuo primo libro?
«Sì, è il mio primo romanzo».

Come ne hai sviluppato la stesura? Qual è stata la difficoltà principale?
«Il punto di partenza sono state le ricerche e i saggi di Marco Giani che a questa storia aveva dedicato alcuni saggi accademici, ritrovato articoli e reportage di giornale. La sfida più difficile è stata mettere insieme questi pezzi e creare una storia con l’aiuto dei saggi. Il passaggio successivo è stato immaginarsi dei personaggi in carne ed ossa e selezionarli».

Per esempio?
«Le sorelle Boccalini, Carlo Brighenti (il giornalista che difende le ragazze), i gerarchi del Regime, il presidente della squadra Ugo Cardosi. Le sfida è stata scegliere dei personaggi funzionali alla trama e raccontare la squadra in maniera accessibile per tutti, anche per i ragazzini o per chi di calcio sa poco o nulla. L’obiettivo è stato creare un percorso narrativo sulla base dei documenti che avevo a disposizione».

C’è un motivo per cui i capitoli del libro sono tutti molto brevi?
«È stata una mia scelta stilistica, per tentare di rendere il libro più scorrevole e accessibile».

E come mai hai deciso di narrare in prima persona, affidando il racconto ad una delle protagoniste, Marta Boccalini?
«È una decisione basata sul fatto che Marta è l’unica delle sorelle Boccalini ad aver lasciato delle testimonianze scritte, un piccolo diario, intitolato «Ricordando…». Marco Giani lo ha ritrovato e pubblicato on-line, così come ha fatto con altri documenti del genere, raccolti in alcuni corpora elettronici liberamente consultabili in rete. Marta peraltro è l’unica delle sorelle Boccalini a non aver fatto la maestra: è stata sarta per tutta la vita e non si è mai sposata, però è l’unica che ha scritto qualcosa. Da lì è nata l’idea di narrare gli eventi con la sua voce. Il suo diario è veramente breve, poche pagine, ma è stato prezioso».

C’è un personaggio del libro cui ti sei affezionata di più, o che ti è piaciuto di più tratteggiare?
«Probabilmente Rosetta, la protagonista. È la calciatrice più giovane, quella che ci crede fino in fondo, la più brava e seguita dai giornalisti. Forse anche la più ribelle, quella un po’ più fuori dalle righe».

È interessante anche la figura di Carlo Brighenti, l’unico giornalista che prese sul serio le Giovinette: come hai fatto a ricostruirlo?
«C’è stato un lavoro di ricerca aggiuntivo da parte mia. Tutto è partito da un reportage pubblicato sulla rivista Il Calcio Illustrato nell’estate del 1933: era firmato con delle iniziali, C.B. Abbiamo fatto un confronto con le fonti e abbiamo scoperto che su Il Calcio Illustrato c’era un giornalista, Carlo Brighenti, che aveva firmato per esteso altri articoli sul calcio femminile. Questo era strano, perché solitamente Il Calcio Illustrato parlava di calcio maschile».

Da lì come ti sei mossa?
«Ho cercato i parenti di questo giornalista su Facebook. Dopo due o tre settimane di ricerche mi ha risposto il nipote, Alessandro: ci siamo visti e mi ha raccontato che effettivamente suo nonno era appassionato di calcio e di calcio femminile in particolare».

Il libro parla di calcio femminile e porta alla ribalta un gruppo di donne.
«L’obiettivo era riportare alla luce una storia dimenticata per novant’anni. Capire da dove abbiano origine i pregiudizi che ancora oggi ci sono sul calcio femminile e sulle donne che giocano a calcio. Studiare la storia è sempre importante per capire qualcosa di più del presente. La mole dei documenti che abbiamo incluso nel libro prova che non si tratta di idee nuove ma di pensieri che hanno radici profonde».

Nel libro ci sono diversi accenni alla città di Milano degli anni Trenta. Com’è stato ricostruire il contesto storico e geografico della vicenda?
«Non è stato facilissimo. La Milano di adesso è molto diversa da quella del 1933, che a sua volta è diversa dalla Milano del ’36 o del ’31, e quella era un’epoca in cui la città cambiava a vista d’occhio. Si buttavano giù quartieri, se ne costruivano di nuovi, si erigevano nuovi edifici, scuole… La sfida è stata andare a ritrovare come fosse Milano non negli anni Trenta in generale, ma proprio nel 1933».

Per esempio?
«Sono andata a rileggere La Domenica del Corriere, vecchio settimanale del Corriere della Sera (chiuso nel 1989, ndr): ho ordinato su eBay tutti i numeri del 1933. Sfogliandoli ho ritrovato molti spunti che mi hanno aiutato a ricostruire la storia. I bambini bevevano l’Ovomaltina, giocavano con lo yo.yo, che arrivò in Italia dagli Stati Uniti proprio nel 32-33: nel libro Rosetta ne regala uno al nipotino Giacomo».

La città di Milano ha risposto in qualche modo alla vostra iniziativa?
«A luglio ho rivolto un appello al Comune per intitolare una via di Milano alle ragazze: il sindaco Sala ha risposto e probabilmente ci sarà un incontro con lui ai primi di ottobre. Stiamo andando avanti, anche grazie alla consigliera Anita Pirovano che da subito si è innamorata di questa idea».

Com’è stato lavorare assieme a Marco Giani per la composizione del libro? Come vi siete coordinati?
«È stato perfetto perché Marco ha fatto la sua parte, che è un saggio corposo, denso, pieno di cose interessanti non solo legate al 1933, ma alla storia del calcio femminile. Mi ha aiutato anche a verificare alcuni dettagli che da sola probabilmente non avrei potuto trovare. Penso che l’idea di pubblicare un romanzo insieme a un saggio sia stata bella, sono contenta di aver lavorato in questo modo».

Sull’onda di questo primo romanzo, pensi che un domani potresti cimentarti con un altro libro?
«Come idea mi piacerebbe perché mi sono divertita. Imbattersi nelle Giovinette è stato un caso, chissà che non mi ricapiti qualcosa del genere».

Il vostro libro può essere anche un invito a riflettere sull’esperienza del fascismo?
«Sì. Queste sono storie nella Storia, se così si può dire. Storie di persone come noi che vivevano in un contesto molto diverso dal nostro. Studiare la storia attraverso le vicende delle persone comuni può essere un buon modo per far avvicinare chiunque alla storia nel senso più proprio del termine. Capire dove è vissuto uno sportivo, cosa aveva di fronte, le difficoltà dell’epoca, può essere interessante: vale per queste giovinette, ma anche per altri grandi campioni dello sport, di ieri e di oggi».

Se dovessi dire in sintesi, a chi legge questa intervista: perché leggere Giovinette?
«Perché è un libro che parla di sport, ma anche di resistenza, di amicizia, di passione. Quindi può piacere agli sportivi ma probabilmente anche ad altri. Mi piacerebbe molto che questo libro entrasse nelle scuole, che fosse letto dai ragazzi e soprattutto dalle ragazze, magari in un’ultima classe di liceo. Gli studenti sono gli uomini e le donne di domani, e sono quelli gli anni in cui bisogna insegnare loro qualcosa della nostra storia. Bisogna insegnare alle ragazze che non devono farsi spaventare da chi pretende di dir loro cosa fare o cosa non fare. Leggere un libro come questo può essere un buon modo per spronarle a inseguire i propri sogni».


Per leggere la recensione di Giovinette clicca qui



Titolo:
 Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il Duce
Autore: Federica Seneghini
Editore: Solferino
Anno: 2020
Pagine: 333

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