E la chiamarono rivoluzione – Raffaele Cirillo
Sacchi contro Maradona: due modi d’intendere il calcio
Negli ultimi due decenni del Novecento, il calcio italiano ha vissuto una vera e propria età dell’oro diventando il più ricco e competitivo d’Europa. Merito di imprenditori ruspanti come Silvio Berlusconi, che nel 1986 acquistò un Milan dalle finanze pericolanti con l’obiettivo di riportarlo ai massimi livelli. Merito anche di allenatori emergenti come Arrigo Sacchi che proprio sulla panchina rossonera, a partire dal 1987, perfezionò una filosofia di gioco innovativa e vincente. E merito, ovviamente, di giocatori irripetibili che decisero di portare i loro talenti nella nostra Serie A. Su tutti l’argentino Diego Armando Maradona, che nel 1984 lasciò il Barcellona per diventare il Pifferaio Magico di Napoli. Questi personaggi illustri sono gli attori protagonisti anche nell’opera di Raffaele Cirillo, scrittore classe 1981. Il libro è stato pubblicato da Rogas Edizioni nell’estate 2020, con un titolo vagamente provocatorio: E la chiamarono rivoluzione. Di rivoluzione si parlò a più riprese, in quegli anni a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta.
Grandi novità.
Ad ognuno la sua: Berlusconi, dopo l’irruzione nel mondo del calcio, si apprestava a “sfondare” anche in quello televisivo con l’azienda Mediaset. Sacchi nel frattempo assicurò al suo presidente il successo sportivo, grazie alle imprese del Milan che s’impose in grande stile in Italia e nel mondo. Dal canto suo, Maradona aveva compiuto la sua rivoluzione appena prima di tutto questo. Nell’estate ’86 era stato il trascinatore dell’Argentina campione del mondo, suggellando il trionfo con una memorabile doppietta all’Inghilterra nei quarti di finale. Un anno dopo aveva completato l’opera, contribuendo a portare lo scudetto a Napoli per la prima volta nella storia. Un miracolo che si è poi ripetuto nel 1990, in piena epopea milanista (e milanese, considerando il titolo dei record vinto dall’Inter l’anno precedente). Insomma: se pur in maniere diverse, Berlusconi Sacchi e Maradona hanno segnato il calcio nostrano come poche altre figure prima di loro. Nel suo libro, Raffaele Cirillo ci riporta in quel periodo di grandi novità sportive e mediatiche, in cui la Serie A fu teatro dello scontro tra due modi opposti d’intendere il gioco.
Calcio concreto.
Da una parte Arrigo Sacchi con i suoi dogmi tattici, dall’altra Diego Maradona e il suo irresistibile genio artistico. L’autore per la verità getta subito la maschera: sin dalle prime righe appare chiaro da che parte stia. Ma non pensiate che si tratti di un libro banalmente fazioso. Cirillo racconta e analizza, parte dai dati di fatto e ci sottopone i suoi ragionamenti e le sue conclusioni. Il testo risulta dunque apprezzabile perché contiene tanto calcio concreto, giocato e sezionato tra cronache di partite e riflessioni di natura tecnico-tattica. Solamente i passaggi che riguardano più da vicino Maradona rischiano di “sbrodolare” un po’, mentre il grande antagonista Sacchi è spesso accompagnato da una misurata dose d’ironia. C’è poi l’ultimo capitolo, l’undicesimo (autobiografico? Chissà), che si distacca dagli altri e che ribadisce, con una diversa modalità, i pensieri espressi in precedenza. Consiglieremmo dunque questo saggio breve a tutti coloro cui piace discutere di calcio, con il gusto dell’analisi ma anche della polemica. E se c’è una cosa che in Italia non manca, anche in tempi di crisi economica, è proprio questa tipologia di persone.
Perché leggere E la chiamarono rivoluzione di Raffaele Cirillo:
perché è una lettura “leggera” ma non superficiale; perché racconta e analizza un periodo molto intenso del calcio italiano; per decidere anche voi da che parte stare.
Titolo: E la chiamarono rivoluzione
Autore: Raffaele Cirillo
Editore: Rogas
Anno: 2020
Pagine: 114