L’autobiografia dell’ex Chicago Bulls

Probabilmente dice bene, Scottie Pippen, nei ringraziamenti finali del suo libro: ‹‹Se non avessi raccontato io la mia storia, nessuno l’avrebbe fatto››. In effetti tanti ricordano le vicende dei Chicago Bulls, squadra di basket che negli anni Novanta, tra il ’91 e il ’98, ha vinto ben sei campionati della NBA, la lega professionistica americana. Di sicuro chiunque ha sentito parlare di Michael Jordan, che di quel team era la stella polare. Ma non è altrettanto certo che tutti conoscano la storia di Scottie Pippen, che pure è stato a sua volta un grandissimo giocatore di pallacanestro. Uno dei settantacinque migliori di sempre, secondo il sondaggio ufficiale di fine 2021. Il punto però è che tutti hanno in mente i Chicago Bulls e Michael Jordan, anzi, i Chicago Bulls di Michael Jordan. In questo i mezzi di comunicazione hanno fatto la loro parte: spesso a fare notizia erano (e sono) gli stessi personaggi, i più luminosi ed influenti. Jordan era uno di quelli mentre Pippen, classe 1965, era “solo” un suo compagno di squadra (il migliore, a detta dello stesso MJ).

Nuovo punto di vista.

Ma il fatto che Pippen non fosse ospite fisso delle varie copertine non significa che non vada ricordato come si deve. Sicuramente gli appassionati di basket sanno quanto fosse dotato, versatile e fondamentale sul campo da gioco. Ma il suo racconto in prima persona, in libreria da gennaio 2022 e intitolato Unguarded, offre a tutti -esperti e non- un nuovo punto di vista. Fior di giornalisti hanno versato mari d’inchiostro per quei Chicago Bulls e per Michael Jordan. Anche coach Phil Jackson, che allenò la squadra durante l’epopea, ha scritto molto al riguardo. Chissà, forse un giorno anche il divino MJ sentirà il bisogno di mettere nero su bianco la sua esperienza. Ora però è il momento di Scottie. E vi consigliamo di coglierlo al volo perché questo libro, che sfiora le quattrocento pagine, risulta piuttosto “commestibile”. La partenza è aggressiva: nel prologo Pippen spiega come, negli anni dei Bulls, tutti -in particolare i media- vedessero sempre e solo Jordan, qualunque cosa accadesse. Però il libro non è un’invettiva contro His Airness (“Sua Ariosità”), né il tentativo di mostrarci il lato oscuro del super campione.

Custodia.

Pippen, con apprezzabile sincerità, ci mette dentro molto altro. La sua parabola anzitutto, con le origini in una famiglia numerosa (e molto unita) e le fatiche per emergere nel mondo del basket. L’inizio in salita al liceo di Hamburg, sua città Natale, e la crescita repentina nei quattro anni di università a Conway, in Arkansas. Quindi la chiamata dei Chicago Bulls su intuizione di un dirigente acuto e controverso, Jerry Krause. I primi anni al fianco di Jordan e le particolari forme di rapporto (o di non rapporto, a voi la scelta) con lui. Poi gli allenatori e soprattutto i compagni, piccoli-grandi protagonisti che magari il pubblico ricorda meno, ma che hanno aiutato i Bulls tanto quanto il numero 23. La lettura scorre veloce: il “nostro” Scottie sfoga delusioni e rimpianti, rivendica meriti e ammette colpe, soffermandosi sui momenti topici della sua carriera. E poco importa se qualche volta può risultare un po’ esagerato o incoerente: anche questo conferisce all’autobiografia un tono molto personale. Ha fatto bene dunque Pippen, a raccontarci la sua storia: anche grazie a questo libro, il pezzetto di NBA che vive in lui non resterà incustodito. Pardon, Unguarded.

Perché leggere Unguarded di Scottie Pippen:

per ricordare un grande giocatore di basket. Per rivivere da un nuovo punto di vista l’epopea dei Chicago Bulls (e non solo).


Titolo: Unguarded
Autore: Scottie Pippen (con Michael Arkush)
Editore: Rizzoli
Anno: 2022
Pagine: 377

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