L’autobiografia del più grande talento mancato del tennis italiano


Sincerità: è questo valore la stella polare de Il Palpa. Il più forte di tutti, romanzo edito da Rizzoli e scritto a quattro mani da Roberto Palpacelli (il protagonista) e il giornalista Federico Ferrero. Sincerità nel raccontare una vita di eccessi immotivati, di folle autolesionismo, di rovinose cadute e mancate risalite. Palpacelli, nell’età della piena maturità personale, senza più un soldo (o quasi) e malato, veste i panni di Pandora e scoperchia il vaso della sua perdizione e del suo dolore, dando vita a un libro che è in (buona) parte autobiografia, a tratti biografia e in molti passaggi romanzo. Lui, che aveva tutto per diventare uno dei più forti tennisti italiani e ha invece preferito alcol e droga.

Un talento mancato, non sprecato.

La sincerità la si trova sin dalla copertina (il cui stile grafico, poco elaborato e basico, pare già in contrapposizione a quelle delle biografie dei grandi campioni), dove si legge: «Vita, match e miracoli del più grande talento mancato del tennis italiano». Talento mancato, non sprecato. Perché Palpacelli, in realtà, il grande tennis lo ha a malapena sfiorato. Nella classifica mondiale ci è entrato dagli scantinati e quasi per sbaglio, non lasciando mai reale traccia di sé. Poteva essere, forse; non è mai stato, in realtà. Ed è da qui che bisogna partire: non siamo di fronte alla biografia di un atleta, ma di un uomo che narra le sue miserie, figlie di scelte e non di disagi sociali o umani. Più che un libro su di un tennista, Il Palpa è il libro su un tossicodipendente e un alcolista, su di un uomo che, all’opposto di Re Mida, ha trasformato in polvere ogni cosa che ha toccato.

Dalla leggenda alla realtà.

Lo dice lui stesso, più volte: non è stato sprecato nulla perché non è stato costruito nulla. Eppure Palpacelli, nell’ambiente, era ed è una leggenda. Un uomo dotato di un fisico e di un talento unico, un toccato dal dio della racchetta i cui colpi giovanili (ma pure quelli successivi) hanno varcato i confini regionali entrando nella mistica del tennis. Eppure tutto si ferma lì, a quei condizionali su quel che sarebbe potuto essere e non è stato. Con Federico Ferrero, voce e penna del nostro tennis che ha avuto la sagacia di inseguire questa leggenda e scardinarne la mitologia, i racconti lasciano spazio ai fatti. Ed è questa la forza del libro. Bella l’idea di alternare nella narrazione i passaggi in prima persona di Palpacelli a quelli del giornalista, un’idea che in qualche modo dà forma alle amnesie causate dagli eccessi del protagonista. Ogni tanto l’impressione è che si romanzi un po’ troppo su alcuni aneddoti, ma è una scelta stilistica legittima, che dà solo più sapore a un piatto già ricco.

Un Open di provincia.

Il Palpa ripercorre le tappe di crescita e di autodistruzione di Palpacelli. Ma non è un racconto di sport, in realtà. Il tennis resta lì, sullo sfondo, ma semplicemente perché «non ho mai fatto nient’altro nella vita, per tirare su qualche soldo, se non colpire palline da tennis». Al centro di tutto c’è invece la droga, il disagio per certi versi inspiegabile che vive un ragazzo di una famiglia perbene che decide coscienziosamente di abbandonarsi all’alcol e all’eroina, distruggendo tutto ciò che lo circonda, dal talento agli affetti. Dato che si parla (anche) di tennis, è impossibile non compiere un parallelismo con Open di Agassi. E non è un caso che più volte, nella narrazione, vengano fatti richiami al fuoriclasse statunitense, coetaneo di Palpacelli, quasi a porre in relazione le due vite, i due uomini. Le analogie ci sono: la passione che diventa prigione, il disagio, le battaglie interiori, l’autodistruzione. Il Palpa, insomma, potrebbe quasi essere considerato un “Open di provincia”, ma nel senso più buono del termine e dettato, ovviamente, dalla diversa caratura dei personaggi e degli ambienti raccontati. Proprio come Open, infatti, questo libro parla a tutti, anche a chi di tennis capisce poco o nulla. Una lama a doppio taglio, che rispecchia però una coerenza di fondo: come Palpacelli ammette che «la mia colpa è stata quella di non essermi fatto bastare tutto quello che avevo», così il racconto della sua vita non si fa bastare il pubblico tennistico, ma punta a conquistare anche quello che non sa quale sia la differenza tra una volée e un top spin e vuole invece sapere cosa ci può essere negli abissi della psiche di un uomo.

Perché leggere Il Palpa di Roberto Palpacelli:

perché quella di Palpacelli è una storia unica ma allo stesso tempo di tanti. Perché tutti abbiamo i nostri fantasmi e combatterli richiede un coraggio che, a volte, diamo troppo per scontato.


Titolo: Il Palpa. Il più forte di tutti
Autore: Roberto Palpacelli con Federico Ferrero
Editore: Rizzoli
Anno: 2019
Pagine: 220

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