Chiacchierata con l’autore di Clamoroso a Wembley


Giornalista sportivo per La Gazzetta dello Sport da trent’anni, realizzatore di spettacoli teatrali, scrittore, Andrea Schianchi (classe 1967) ha pubblicato per Edizioni Slam Clamoroso a Wembley, libro che parla del leggendario match Inghilterra-Ungheria 3-6 del 1953, ma pure della storia dimenticata dell’allenatore britannico Jimmy Hogan.

Per spiegare cosa sia stata Inghilterra-Ungheria 3-6 ha scritto un libro. Ma se dovesse spiegarlo in una frase?
«È il mondo di ieri, secondo il titolo di un libro di Stefan Zweig, che se ne va e lascia il posto all’incerto domani».

Non trova sorprendente che in Italia sia stato scritto poco o nulla su questo match prima del suo libro?
«Sorprendente sì, ma nella storia si nascondono talmente tanti dettagli che è difficile riuscire a esplorarli tutti. Spesso, per pigrizia, ci si ferma alla superficie e non si va in profondità».

Il libro ha di fatto due protagonisti: Jimmy Hogan e la partita tra inglesi e magiari. Come mai ha scelto di metterli insieme in un’unica opera? In fondo ci sarebbe stato il materiale per due libri distinti…
«Le storie sono unite perché non ci sarebbe stata Inghilterra-Ungheria se prima non ci fossero le lezioni di Jimmy Hogan. La storia, intendo quella universale, è una catena che, anello dopo anello, si compone. Jimmy Hogan non sarebbe nessuno senza quell’Inghilterra-Ungheria e senza l’omaggio che gli riservarono i dirigenti ungheresi dopo la vittoria».

Il suo è di fatto un romanzo storico: ricco di precisi riferimenti storici, con alcune licenze narrative. Come si trasforma la storia in una romanzo?
«Mi piace giocare con le parole e con le storie. Parto da un dato reale e ci lavoro sopra, documentandomi e lasciando correre i sogni, che sono il territorio nel quale veramente mi sento libero. Unisco la realtà al mio desiderio di realtà. In questo romanzo, tuttavia, c’è bel poco di inventato: personaggi, dati, parole sono assolutamente reali. I dialoghi, no: quelli, logicamente, non essendo stato presente, ho dovuto ricostruirli».

Leggendo la sua opera si capisce che c’è dietro un’approfondita consultazione di fonti dell’epoca: come si è svolto questo suo lavoro?
«Mi sono servito soprattutto dei quotidiani inglesi dell’epoca, consultando gli archivi storici. E poi testi trovati nell’immensa biblioteca che è l’archivio della Gazzetta dello Sport. Una sola cosa: non ho letto la biografia di Jimmy Hogan, Traditore o Patriota (uscita solo in Inghilterra), perché non volevo farmi influenzare».

Jimmy Hogan è stato una figura fondamentale nello sviluppo del gioco del calcio. Eppure è una figura poco conosciuta in Italia, come mai?
«In Italia non andiamo oltre i confini del nostro pollaio. Si sa ben poco di ciò che succede, o è successo, fuori. Non c’è cultura della memoria in questo nostro Paese di contemporanei inconsapevoli».

In generale, in Italia c’è tanta passione per il calcio, ma c’è pochissima conoscenza della storia del pallone e delle figure che l’hanno fatta. Tutti esperti fantacalcisti, ma pochi che sappiano chi fosse Herbert Chapman. Che spiegazione si dà?
«Ho detto prima: non c’è memoria, non c’è curiosità. Siamo un popolo che urla e sbraita, ma siamo superficiali, non abbiamo mai il coraggio di andare in profondità. Anche perché l’esercizio comporta una certa fatica e noi non abbiamo intenzione di sudare troppo».

Sulla Gazzetta ha firmato spesso pagine riguardanti la storia del calcio, le grandi partite del passato, le evoluzioni tattiche… c’è un motivo particolare per cui le cura spesso lei? È l’“esperto” della redazione in materia?
«Diciamo che vengo considerato l’esperto di storia calcistica e per questa ragione, spesso, mi occupo di questo argomento. Non solo di storia calcistica, però, ma anche di storia del ciclismo. È appena uscito un mio volume su Fausto Coppi nella collana I Miti dello Sport, per le edizioni Gazzetta dello Sport».

Negli ultimi anni in Italia si è assistito a un gran proliferare di libri a tema sportivo. Crede ci si sia finalmente accorti che la letteratura sportiva merita uno spazio maggiore?
«La letteratura sportiva, dalla metà degli anni Novanta quando nacque la casa editrice Limina, per la quale ho scritto Lo stadio dei sogni e Marilyn di maggio, comincia a farsi conoscere in Italia. Il problema è che in Italia si legge poco. La lettura implica tempo, sacrificio, dedizione, umiltà: tutte qualità che gl’italiani posseggono in dosi molto ridotte».

Chi è il Jimmy Hogan del XXI secolo?
«Nessuno. I personaggi restano e devono restare collocati nel loro ambito storico. Ora non c’è più quel mondo là e dunque è impossibile fare paragoni».

E la nazionale ungherese del XXI secolo?
«Il calcio danubiano non c’è più. Si è persa la memoria, e non ci sono più i calciatori di un tempo. La vera differenza, nel calcio, la fanno i calciatori e, quando mancano, manca anche lo spettacolo».

Hugo Meisl, Vittorio Pozzo e Jimmy Hogan. Deve costruire una squadra e ha bisogno di un allenatore, chi sceglie tra i tre?
«Se fossi stato un calciatore, avrei voluto essere allenato da Hugo Meisl. M’incuriosisce il personaggio».


Per leggere la recensione di Clamoroso a Wembley, clicca qui.


Titolo: Clamoroso a Wembley
Autore: Andrea Schianchi
Editore: Edizioni Slam – Absolutely Free Libri
Anno: 2020
Pagine: 157

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