Quanto dura un attimo – Paolo Rossi
L’autobiografia di Pablito, da Prato a Madrid
Il signor Rossi.
Pensate a quanti “Paolo Rossi” possono esserci in Italia, molti magari nati dopo il luglio 1982. Pensate anche a tutti i “signor Rossi” del paese, una tribù: da quel mese di luglio il loro ha smesso di essere un nome qualsiasi. Di sicuro, dall’11 luglio 1982 tutta questa gente ha un santo patrono in Paolo Rossi, calciatore nato a Prato il 23 settembre ’56 e canonizzato ventisei anni più tardi, con votazione unanime, allo stadio Bernabeu di Madrid. Non stupisce dunque che la sua seconda autobiografia, Quanto dura un attimo, assuma quasi i toni dell’agiografia. La curatrice Federica Cappelletti insiste molto sulle qualità morali di “Pablito”, che in effetti ha vissuto un travaglio sportivo ed umano non indifferente prima di godersi la gloria. La sua carriera è stata uno slalom gigante fra tanti punti di svolta, attimi fuggenti (ecco forse il senso del titolo) e discese ripide.
Momenti decisivi.
Ci fu l’attimo in cui pensò di fare il sacerdote. O quello in cui fu a un passo dalla Fiorentina, prima che la Juventus spiazzasse tutti. O ancora quando Alessandro Vitali, centravanti titolare del Vicenza, piantò in asso per divergenze contrattuali e l’allenatore, Giovan Battista Fabbri, spostò al centro dell’attacco un gracile esterno appena arrivato da Como, via Torino. Così è nata l’epopea tecnica di Pablito, che oggi ricordiamo come uno dei migliori bomber della storia. Ma ci sono stati anche attimi diversi, incroci pericolosi in cui Rossi ha rischiato di smarrirsi. I tre menischi (tre menischi!) scoppiati uno dietro l’altro come petardi, tra il ’72 e il ’74: rompersi è un attimo, recuperare un calvario. O l’accusa per il Totonero del 1980: ci volle un attimo a venire incastrati ma ben due anni per tornare in campo. Per fortuna -altro momento decisivo- la squalifica fu accorciata di un mese, quel tanto che bastava a non precludere il Mundial ’82, dopo che Rossi aveva persino accarezzato l’idea di trasferirsi all’estero. Ci sono tanti “se” nella storia di Pablito e forse proprio questo la rende così speciale.
Figure familiari.
Il libro segue la ringkomposition, la struttura ad anello: si comincia nel tunnel del Santiago Bernabeu e lì si ritorna per la gran finale. Nei primi capitoli emergono gli altri personaggi: i familiari di casa Rossi a Santa Lucia, il quartiere di Prato da cui è passato anche Bobo Vieri (come Pablito a quota 9 gol mondiali, tra gli azzurri solo Robi Baggio ha fatto altrettanto). Più avanti Paolino abbraccerà altre figure paterne: mister G.B. Fabbri al Vicenza, il presidente Farina a Perugia e naturalmente Enzo Bearzot, ct della nazionale iridata. A livello stilistico emerge nel testo la mano di Federica Cappelletti, giornalista e seconda moglie del Pallone d’oro ’82: i due hanno scritto assieme anche Il mio mitico Mondiale (Feltrinelli 2014). L’affetto per il protagonista trabocca da una scrittura un po’ infiocchettata (forse troppo, a volte) in cui le emozioni sono molto enfatizzate: questo ci avvicina ai personaggi ma rende ripetitive alcune parti del racconto. E sempre a proposito di attimi, a metà libro è infilato anche il primo fugace incontro tra Rossi e la futura compagna, fuori dallo stadio Curi di Perugia. Federica aveva appena 6 anni, era una delle tante signorine Rossi. Non poteva nemmeno pensare di diventare un giorno La signora Rossi, moglie del «più forte calciatore dell’epoca» nonché «emblema del calcio italiano».
Perché leggere Quanto dura un attimo di Paolo Rossi (con Federica Cappelletti):
per ricordare il grande impatto di Rossi anche prima del Mundial ‘82; per rivivere una pagina indimenticabile del calcio italiano.
Titolo: Quanto dura un attimo
Autore: Paolo Rossi (con Federica Cappelletti)
Editore: Mondadori
Anno: 2019
Pagine: 296
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