Alla scoperta dell’emozione che ha reso icona un campione tanto fragile quanto grande


Lungo tutte le 205 pagine di Roberto Baggio. Avevo solo un pensiero (2020, 66thand2nd), soltanto pochissime volte l’autore Stefano Piri cita il «Divin Codino». Non Baggio, ovviamente, ma il soprannome con cui forse Baggio è più noto. Ed è una nota di merito immensa. Perché costringere Roberto da Caldogno in un soprannome, in un’etichetta alla CR7, è un insulto. Un reato non codificato che troppo spesso i media commettono. Baggio è Baggio, spessissimo Robi, quasi sempre un’icona. E, come tutte le icone, merita di essere dipinto, coccolato a parole, paganamente venerato ricordando quel che era, quel che è stato, quel che ancora è per tutti coloro che hanno avuto la fortuna d’innamorarsi di lui perdutamente, come accade giusto quelle due, massimo tre volte nella vita. Racconta questo, il libro di Piri. Un viaggio a ritmo lento nella vita di un calciatore assurto a simbolo.

Oltre il mito.

Piri, giovane (classe ’84) genovese impiantato a Bruxelles, comunista europeista, fa parte di quella generazione di narratori 2.0, personaggi a metà tra il giornalista e lo scrittore. Uno di quelli che osserva, analizza, riporta e poi reinterpreta. Non a caso collabora anche con L’Ultimo Uomo, casa virtuale ideale per questi animali da tastiera. Ed è importante sottolinearlo, perché non si può che partire dall’autore per comprendere appieno Roberto Baggio. Avevo solo un pensiero. Quando scrivi di uno come Baggio, il rischio di scivolare sulla buccia di banana del banale è quasi non quotata. Ma qui non succede. Perché Piri non ha scritto un libro su Baggio, ma un saggio su Baggio. Piri non ci racconta il calciatore, bensì il suo riflesso nei nostri occhi e nelle nostre menti. Ed è da questo riflesso che “ri-assembla” l’immagine di Baggio, restituendocela depurata del mito, ripulita del divismo.

La fotografia e il suo negativo.

Il percorso di questo libro parte dal titolo: «Avevo solo un pensiero». Lo dice Baggio stesso: da ragazzino, da talento assoluto, lui pensava soltanto a prendere palla e andare dritto verso la porta avversaria. E spesso, senza grandi difficoltà, riusciva a trasformare quel pensiero in fatto. Ma quella fase di Baggio è durata giusto il tempo di un respiro: ben presto, per colpa degli infortuni, non si è più potuto permettere di avere solo un pensiero. Ed è qui che inizia davvero la storia di Baggio, dei suoi dolori, della sua calamita emozionale. Piri, con un’attenzione quasi da ricercatore (lo si denota anche nella scelta ragionata di tanti termini presenti nel libro, quasi mai buttati lì, da «milonguero» a «eteroclito»), racconta le fragilità di Baggio, i contrasti e le contraddizioni. È come se ci offrisse sia la foto che il negativo della stessa, permettendoci così di vedere oltre il mostrato, oltre il codino e i braccialettini colorati.

I difetti e i fallimenti.

In sostanza, Roberto Baggio. Avevo solo un pensiero è un libro che realmente racconta e approfondisce l’emozione Baggio. Perché indagando l’uomo prima che il fuoriclasse, con i suoi tanti difetti e qualche pregio (come ognuno di noi, del resto), si arriva all’essenza. Sia del Baggio persona che del Baggio mito, quello che tutti, bene o male, amano e adorano. D’azzurro vestito, prima che con qualsiasi altra maglia. Forse perché la divisa della Nazionale tanto bene s’abbinava ai suoi occhi. O forse, più semplicemente, perché è stato uno dei pochi campionissimi a essere se stesso sempre, anche e soprattutto nelle incomprensioni e nelle insofferenze, e a mostrarci che anche i fallimenti possono essere punti di (ri)partenza.

Perché leggere Roberto Baggio. Avevo solo un pensiero:

per capire il dolore e la grandezza di un personaggio iconico. Unico.



Titolo:
Roberto Baggio. Avevo solo un pensiero
Autore: Stefano Piri
Editore: 66thand2nd
Anno: 2020
Pagine: 205

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