Due sorelle, due destini, due campionesse. E dietro di loro, un padre

Da quando, nel 2009, è stato pubblicata l’autobiografia di Andre Agassi, Open (in Italia edito da Einaudi nel 2011), nulla nella letteratura sportiva è più stato come prima. È già stato scritto e detto molte volte, ma è sempre bene sottolinearlo, perché quello è stato l’anno zero, una fine e un inizio. E proprio per questo ogni qual volta ci si approccia alla lettura di un libro sullo sport, in particolare sul tennis (o nel tennis), il raffronto avviene immediato, spontaneo, quasi naturale. È meglio? È peggio? Se la risposta che vi date è che quel libro è diverso, allora c’è del buono. E Serena e Venus Williams, nel nome del padre (66thand2nd, 2021, pp. 168) è diverso.

Uno stile essenziale.

Giorgia Mecca, giovane e ottima penna dell’opera, giornalista e scrittrice, ha preso i valori di Open rielaborandoli a suo modo, plasmandoli attorno a una storia che meriterebbe un profluvio di parole e che lei ha asciugato con un certosino lavoro di cesellamento dello stile narrativo, arrivando al nocciolo e all’essenza. Serena e Venus Williams, nel nome del padre non è un libro di sport, è un’indagine antropologica (e narrativa) alle radici di qualcosa di unico, di mai visto prima: la parabola di due sorelle, entrambe tenniste, entrambe fortissime, entrambe nere. Il loro rapporto (anzi, i rapporti), i loro successi, le loro sconfitte, la furia dei loro sentimenti. Un turbolento viaggio che perde i connotati cronologici, come mostrano le date dei capitoli, per seguire invece una linea emozionale.

Wimbledon 2008: Serena e Venus si incontrano in finale.

La figura del padre.

Il titolo dice molto, ma non tutto. Il libro di Mecca parte dall’ossessione patologica di mister Richard Williams, che ha un solo obiettivo: vendicarsi del razzismo subito portando in uno degli sport più elitari e bianchi che esistano non una, ma ben due giocatrici vincenti di colore. Il suo rapporto con Venus e Serena si concentra totalmente su questo. È bidimensionale, quasi disarmante nella sua assenza di profondità e tragico nella disfunzionalità sentimentale. Le due ragazze crescono dunque in una bolla che è un ossimoro: sono l’una l’unico appiglio dell’altra, eppure sono rivali, feroci agoniste. Non possono vincere entrambe, non c’è margine. Una trionfa, l’altra perde. Ed è per questo che la narrazione di Mecca, a un certo punto, cambia prospettiva.

L’esplosività di Serena.

Come sul campo, a un certo punto Serena esplode e si prende la scena. L’invidia che ha covato sin da bambina per la sorella maggiore (nonostante la ami), diventa la benzina che la porta sulla vetta del mondo. Venus, campionessa di un’eleganza irraggiungibile, finisce sullo sfondo, così come Richard, inglobati dalla forza anche narrativa che emette la fisicità di Serena. È lei a vincere il duello sportivo-esistenziale delle Williams, alla fine. Lo dicono i numeri, lo dicono gli sponsor, lo dicono i successi, ma lo dice anche l’esasperante carattere di Serena, sempre al limite in tutto. Lo dice la furia cieca con cui si rende conto che suo padre aveva ragione: la sua non sarà mai solo e soltanto una partita contro un’avversaria, fosse anche la sorella, ma contro un mondo che non concepisce come una nera possa essere lì ed essere la migliore. Ampiamente la migliore. La migliore di sempre.

Due giovanissime sorelle Williams a Compton.

Un vuoto da riempire.

Mecca non si nasconde dietro i personaggi che racconta, non lesina graffianti attacchi al razzismo latente che permea il mondo del tennis (oggi un po’ meno, per fortuna). Il lato sociale e culturale del libro è forte tanto quanto quello sportivo e narrativo. E infatti uno dei capitoli più belli, paradossalmente, è proprio quello in cui il tennis non c’è, in cui Serena e Venus non ci sono. È quello in cui Mecca racconta la sua visita a Compton, il sobborgo di Los Angeles in cui Richard ha voluto che le sue figlie crescessero, convinto che nulla plasma il carattere meglio di un ghetto dove la violenza la fa da padrona. Lì, a Compton, Mecca scopre con stupore che di Serena e Venus non c’è traccia. Dove la sopravvivenza prevale sulla vita e spesso soccombe alla morte, poco importa che due campionesse siano passate di lì. In due donne dalle storie “piene” (di idiosincrasie, di soldi, di successi, di sconfitte, di tutto), ci si rende conto che c’è anche un enorme vuoto. Non c’è memoria. Ed è come se le due tenniste non abbiano fatto altro, non stiano facendo altro, che ricostruire quella memoria servizio dopo servizio, riempire quel vuoto rovescio dopo rovescio, trovare loro stesse titolo dopo titolo. Andando oltre il nome e il volere del padre.

Perché leggere Serena e Venus Williams, nel nome del padre di Giorgia Mecca:

perché è un libro che ha la forza di portare il tennis nella vita e nella società. E viceversa.


Titolo: Serena e Venus Williams, nel nome del padre
Autore: Giorgia Mecca
Editore: 66thand2nd
Anno: 2021
Pagine: 168

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