L’autobiografia di George Best

«A tutti piace credere di essere uomini duri, ma io sono una persona molto sensibile, forse troppo. Piango sempre quando guardo un film triste».


Sincerità.

Pensando a George Best è facile che torni in mente la sua famosa frase sulle donne, l’alcool e le automobili, oppure quella in cui si paragona al grande Pelè («Se fossi nato brutto, non avreste mai sentito parlare di lui»). Ma questi due aforismi, così radicati nella mentalità comune, non compaiono nell’autobiografia che Best ha pubblicato nel 2001 con il giornalista sportivo Roy Collins, intitolata ovviamente The Best. Il virgolettato che proponiamo qua sopra è meno conosciuto ma lascia intendere la non comune profondità del libro. Intendiamoci: nelle quasi trecento pagine donne, alcool ed auto di lusso sono delle costanti, ma gli aspetti più interessanti sono altri. Anzitutto è da apprezzare la sincerità con cui George Best parla di sé. L’ex calciatore nordirlandese, Pallone d’oro nel 1968, ne ha combinate di tutti i colori e dai ventidue anni in avanti la sua vita si è trasformata in una montagna russa.

Altalena emotiva.

Prima il declino calcistico, con una discesa in picchiata dal Manchester United alla serie C del calcio inglese. Poi le disavventure con l’altro sesso culminate in due matrimoni ed un figlio. Infine l’infezione che l’ha condotto al trapianto di fegato e poi alla morte nel 2005, quattro anni dopo la pubblicazione di questo libro. In mezzo, fiumi di alcool e raffiche di sensi di colpa per un drammatico saliscendi emotivo: se alla fine del capitolo 17 lasciamo Best indeciso su come suicidarsi, all’inizio del 18 è lo stesso George a ricordarci con ottimismo che «il mattino ha l’oro in bocca». E questo è solo un esempio. Ma per fortuna il “quinto Beatle” ha trovato le forze per lasciarci altri ricordi di sé a cominciare dagli affetti più prossimi. L’autobiografia parte dalle origini del campione in quel di Belfast e dai legami con i genitori, i fratelli (cinque) ed il nonno, anch’egli George. Forse proprio questi sono i passaggi più toccanti all’interno del libro, perché nonostante tutto Best è rimasto molto legato ai suoi cari.

Autoanalisi.

Poi il racconto documenta la crescita del ragazzo lontano da casa: la repentina ascesa nel calcio dei grandi, il successo mondano, le attività extra campo, l’insorgere dei problemi. The Best diventa un’opera ad alto tasso introspettivo: il tono ricorda quello di Andre Agassi in Open, altra autobiografia di successo, ma a differenza del tennista americano Best ha sempre dichiarato un amore totale per il suo sport. In vari momenti emerge una genuina passione per il calcio: nel racconto dei gol, nei ricordi più eccitanti, nei commenti sugli altri giocatori. Non a caso Georgy ha definito il campo di gioco «l’unico posto dove tutti gli altri miei problemi scomparivano». E non a caso, appena il calcio lo ha deluso lui ha cominciato a lasciarsi andare. Forse nessuno, tra compagni ed amici, gli è stato veramente vicino. Forse lui non si è fatto aiutare. Forse non si è mai comportato da adulto. Ci sono tanti “forse” nella vita di George Best ma qualunque sia il vostro giudizio, la nostra certezza è che questo libro è all’altezza della sua classe sul campo. E quella nessuno la può discutere.

Perché leggere The Best di George Best:

perché è un’autobiografia di insolita sincerità; perché affronta in profondità temi diversi, dal calcio alle dipendenze.



Titolo:
The Best
Autore: George Best (con Roy Collins)
Editore: Baldini Castoldi Dalai
Anno: 2002, 2007
Pagine: 294

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